Racconto7 : “Il mito dell’albero della conoscenza e dell’albero della vita”

Secondo la tradizione biblica L’Albero della Conoscenza del Bene e del Male, o semplicemente l’Albero della Conoscenza, è l’albero dell’ Eden menzionato nella Genesi assieme all’Albero della Vita.

Adamo ed Eva cacciata dal paradiso

Nella Genesi si racconta che Adamo ed Eva, nel paradiso terrestre, cederono alle lusinghe del Male cogliendo ,nonostante l’esplicito divieti di Dio, il frutto dall’ Albero della conoscenza. In realtà, gli alberi che erano vietati alla bramosia dell’uomo erano due: oltre a quello della conoscenza infatti vi era quello della vita. Questo è un punto importante, per comprendere meglio l’autentico significato del mito vetero-testamentario.

Genesi 2:9: “Così JHWH (Dio nella Bibbia ebraica) fece crescere dal suolo ogni albero desiderabile alla vista e buono come cibo e anche l’albero della vita nel mezzo del giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male”.
Genesi 2:16: e JHWH impose all’uomo anche questo commando: “Di ogni albero del giardino puoi mangiare a sazietà. Ma in quanto all’albero della conoscenza del bene e del male non ne devi mangiare, poiché nel giorno in cui ne mangerai positivamente morirai”.

(Probabilmente, prima del peccato Adamo mangiava di tutti i frutti compreso quello dell’albero della vita. Come se fosse un antidoto o semplicemente per celebrare la vita o il diritto di vivere.)

Adamo ed Eva mangiarono il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male e andarono incontro alla punizione: la morte. Per riacquistare il diritto di vivere potevano mangiare il frutto dell’albero della vita; ma JHWH aggiunse:” Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell’Albero della Vita, ne mangi e viva per sempre ” (Genesi 3,22)

Addentare il frutto della conoscenza significa diventare uomini, rinunciare alla felicità eterna del paradiso per cadere nelle lande del peccato, ovvero della ricerca inesauribile, nel dubbio eterno. La conoscenza è questo, separarsi dall’uno originario per diventare autenticamente uomini. Così infatti Hegel, nel capitolo dedicato al Cristianesimo nelle Lezioni sulla filosofia della storia, interpreta il racconto in questione: “[…] l’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, avrebbe perduto il suo stato di assoluta soddisfazione per aver mangiato dell’albero della conoscenza del bene e del male. Qui il peccato consiste solo nella conoscenza: questa è l’elemento peccaminoso e per causa sua l’uomo si è giocato la felicità naturale. E’ una profonda verità: il male risiede nella coscienza; infatti gli animali non sono né buoni né malvagi, e così il semplice uomo naturale. […] La conoscenza è il peccato originale come superamento dell’unità naturale […]. Lo stato di innocenza, questa condizione paradisiaca, è lo stato animale. Il paradiso è un parco, dove possono rimanere solo gli animali, non già l’uomo. […] Perciò il peccato originale è il mito eterno dell’uomo, è il peccato tramite il quale l’uomo si fa uomo.”

Secondo Kafka: “Noi siamo peccatori non soltanto per aver assaggiato il frutto dell’albero della conoscenza, ma anche per non aver ancora assaggiato l’albero della vita. Peccaminosa è la condizione in cui ci troviamo, e ciò indipendentemente da ogni colpa. Noi fummo cacciati dal paradiso, che però non venne distrutto. La cacciata dal paradiso terrestre fu, in un certo senso, una fortuna, perchè, se non ne fossimo stati cacciati, lo si sarebbe dovuto distruggere. Con la nostra cacciata il paradiso fu salvato dalla distruzione. Noi fummo creati per vivere nel paradiso, il paradiso era destinato a servirci. il nostro fine è stato mutato; ma nessuno ha mai detto che sia mutato anche il fine del paradiso. […] Gli uomini non morirono ma divennero mortali, e non diventarono simili a Dio ma acquistarono un’indispensabile facoltà di divenirlo. Non morì l’uomo ma l’uomo paradisiaco, essi non diventarono Dio ma acquistarono la scienza divina.”

Secondo la tradizione della Cabala invece L’albero della vita è un diagramma, astratto e simbolico, costituito da dieci entità, chiamate Sefirot, disposte lungo tre pilastri verticali paralleli: tre a sinistra, tre a destra e quattro nel centro.

albero della vita

Il pilastro centrale si estende al di sopra e al di sotto degli altri due. Le Sefirot corrispondono ad importanti concetti metafisici, a veri e propri attributi o emanazioni della Divinità. Da un punto di vista teologico tali Sefirot o ‘Luci Increate’ sono dunque considerate di sostanza increata, ma in qualità di emanazioni non sono vere e proprie ipostasi e dunque non possiedono la natura divina. Inoltre, esse sono anche associate alle situazioni pratiche ed emotive attraversate da ogni individuo, nella vita quotidiana. Le Sefirot sono dieci principi basilari, riconoscibili nella molteplicità disordinata e complessa della vita umana, capaci di unificarla e darle senso e pienezza. Osservando la figura, si può notare che le dieci Sefirot sono collegate da ventidue canali, tre orizzontali, sette verticali e dodici diagonali. Ogni canale corrisponde ad una delle ventidue lettere dell’abjad ebraico.

I tre pilastri dell’Albero della Vita corrispondono alle tre vie che ogni essere umano ha davanti: l’Amore (destra), la Forza (sinistra), e la Compassione (centro). Solo la via mediana, chiamata anche “via regale”, ha in sé la capacità di unificare gli opposti. Senza il pilastro centrale, l’Albero della Vita diventa quello della conoscenza del bene e del male (quello biblico). I pilastri a destra e a sinistra rappresentano inoltre le due polarità basilari di tutta la realtà: il maschile a destra e il femminile a sinistra, dai quali sgorgano tutte le altre coppie d’opposti presenti nella creazione.

Come dice la Bibbia, la via che conduce all’Albero è guardata da una coppia di cherubini, due angeli armati di una spada fiammeggiante. Ciò però non significa che la via sia del tutto inaccessibile. Secondo la tradizione orale, i due Cherubini possiedono l’uno un volto maschile e l’altro un volto femminile. Essi rappresentano le due polarità fondamentali dell’esistenza, così come si esprimono sui piani più elevati della consapevolezza. Con il graduale ravvicinamento e riunificazione di tali principi, questi angeli cessano di essere i “Guardiani della soglia”, il cui compito consiste nell’allontanare tutti coloro che non hanno il diritto di entrare, e diventano invece i pilastri che sostengono la porta che ci riconduce al Giardino dell’Eden.



Racconto5: “Nathan il saggio”

A Gerusalemme, durante il periodo delle Crociate, il SALADINO (che è musulmano) chiede a NATHAN (ebreo)

quale sia la vera fede:l’Islam, l’Ebraismo o il Cristianesimo.NATHAN risponde raccontandogli la storia dei tre anelli:
NATHAN
Molti anni or sono un uomo in Oriente
Possedeva un anello inestimabile, un caro dono.
La sua pietra, un opale dai cento bei riflessi colorati, ha un potere segreto:
rende grato a Dio e agli uomini chiunque la porti con fiducia.
Egli lasciò l’anello al suo figlio più amato;
e lasciò scritto che a sua volta quel figlio lo lasciasse al suo figlio più amato;
e che ogni volta il più amato dei figli diventasse,
senza tenere conto della nascita ma soltanto per forza dell’anello,
il capo e il signore del casato.
Tu mi segui, sultano?

SALADINO
Ti seguo. Vai avanti.

NATHAN
E l’anello così, di figlio in figlio,
giunse alla fine a un padre di tre figli.
Tutti e tre gli ubbidivano ugualmente
Ed egli, non poteva farne a meno,
li amava tutti nello stesso modo.
Solo di tanto in tanto l’uno o l’altro
Gli sembrava il più degno dell’anello
Quando era con lui solo, e nessun altro
Divideva l’affetto del suo cuore.
Così, con affettuosa debolezza
Egli promise l’anello a tutti e tre.
Andò avanti così finché poté.
Ma, vicino alla morte, quel buon padre
Si trova in imbarazzo. Offendere così
due figli, fiduciosi nella sua parola,
lo rattrista. – Che cosa deve fare? –
Egli chiama in segreto un gioielliere,
e gli ordina due anelli in tutto uguali al suo;
e con lui si raccomanda che non risparmi né soldi né fatica
perché siano perfettamente uguali.
L’artista ci riesce.
Quando glieli porta, nemmeno il padre è in grado di distinguere l’anello vero.
Felice, chiama i figli uno per uno,
impartisce a tutti e tre la sua benedizione,
a tutti e tre dona l’anello e muore.
Tu mi ascolti, sultano?

SALADINO
(il quale, colpito, aveva girato il viso)
Ascolto, ascolto.
Ma finisci presto La tua favola.
Ci sei?

NATHAN
Ho già finito.
Quel che segue si capisce da sé.
Morto il padre, ogni figlio si fa avanti
Con il suo anello, ogni figlio vuol essere Il signore del casato.
Si litiga, si indaga, si accusa. Invano.
Impossibile provare quale sia l’anello vero
(dopo una pausa, durante la quale egli attende la risposta del sultano)
quasi come per noi provare quale sia la vera fede.

SALADINO
Come?
Questa è la tua risposta alla mia domanda?…

NATHAN
Valga Soltanto a scusarmi,
se non oso
Cercare di distinguere gli anelli
Che il padre fece fare appunto al fine
Che fosse impossibile distinguerli.

SALADINO
Gli anelli! – Non burlarti di me!
Le religioni che ti ho nominato
Si possono distinguere persino
Nelle vesti, nei cibi, nelle bevande!

NATHAN
E tuttavia non nei fondamenti.
Non si fondano tutte sulla storia,
scritta o tramandata?
E la storia solo per fede e per fedeltà dev’essere accettata,
non è vero?
E di quale fede e fedeltà dubiteremo
Meno che di ogni altra?
Quella dei nostri avi, sangue del nostro sangue,
quella di coloro che dall’infanzia ci diedero prova del loro amore,
e che mai ci ingannarono, se l’inganno per noi non era salutare?
Posso io credere ai miei padri
Meno che tu ai tuoi?
O viceversa?
Posso forse pretendere che tu,
per non contraddire i miei padri,
accusi i tuoi di menzogna?
O viceversa?
E la stessa cosa vale per i cristiani, non è vero?

SALADINO
(Per il Dio vivente! Hai ragione. Io devo ammutolire).

NATHAN
Ma torniamo
Ai nostri anelli.
Come dicevo, i figli
Si accusarono in giudizio.
E ciascuno giurò al giudice di avere ricevuto
l’anello dalla mano del padre (ed era vero),
e molto tempo prima la promessa
dei privilegi concessi dall’anello
(ed era vero anche questo).
Il padre, ognuno se ne diceva certo,
non poteva averlo ingannato;
prima di sospettare questo,
diceva, di un padre tanto buono,
non poteva che accusare dell’inganno i suoi fratelli,
di cui pure era sempre stato pronto a pensare tutto il bene;
e si diceva sicuro di scoprire i traditori e pronto a vendicarsi.

SALADINO
E il giudice?
Sono ansioso di ascoltare
Che cosa farai dire al giudice.
Parla!

NATHAN
Il giudice disse: Portate subito
Qui vostro padre, o vi scaccerò
Dal mio cospetto.
Pensate che stia qui
A risolvere enigmi?
O volete restare
Finché l’anello vero parlerà?
Ma… aspettate!
Voi dite che l’anello vero
Ha il magico potere di rendere amati,
grati a Dio e agli uomini.
Sia questo a decidere!
Gli anelli falsi non potranno.
Su, ditemi: chi di voi è il più amato
Dagli altri due?
Avanti!
Voi tacete?
L’effetto degli anelli è solo riflessivo,
non transitivo?
Ciascuno di voi ama solo se stesso?
Allora tutti e tre siete truffatori truffati!
I vostri anelli sono falsi tutti e tre.
Probabilmente l’anello vero si perse,
e vostro padre ne fece fare tre per celarne la perdita e per sostituirlo.

SALADINO
Magnifico! Magnifico!

NATHAN
Se non volete, proseguì il giudice,
il mio consiglio e non una sentenza,
andatevene!
Ma il mio consiglio è questo:
accettate le cose come stanno.
Ognuno ebbe l’anello da suo padre:
ognuno sia sicuro che esso è autentico.
Vostro padre, forse, non era più disposto
A tollerare ancora in casa sua
La tirannia di un solo anello.
E certo Vi amò ugualmente tutti e tre.
Non volle, infatti, umiliare due di voi
Per favorirne uno.
Orsù! Sforzatevi
Di imitare il suo amore incorruttibile
E senza pregiudizi.
Ognuno faccia a gara
Per dimostrare alla luce del giorno
La virtù della pietra nel suo anello.
E aiuti la sua virtù con la dolcezza,
con indomita pazienza e carità,
e con profonda devozione a Dio.
Quando le virtù degli anelli appariranno
Nei nipoti, e nei nipoti dei nipoti,
io li invito a tornare in tribunale,
fra mille e mille anni.
Sul mio seggio siederà un uomo più saggio di me; e parlerà.
Andate!
Così disse quel giudice modesto.

Questo breve racconto non ha bisogno di essere commentato,parla da sè,ma per la persone meno pespicaci è utile spiegarne almeno la morale,in breve :la religione,la vera religione é una,lnon esistono religioni migliori di altre poichè la fede è una,ed è qualcosa di profondamente personale ed interiore,che deve portare solo bontà, pace,amore e fratellanza e non un insieme di riti e tradizioni convenzionali che generano invece solo ambiguità,disuguaglienze e  inutili e spargimenti di sangue.

le tre religioni